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lunedì 25 aprile 2011

I cinque criteri della spesa a basso impatto ambientale


di Lisa Casali *

Fare la spesa e mangiare non solo soddisfa il nostro bisogno di nutrirci, ma ha ricadute ambientali, sociali ed economiche oltre che sulla nostra salute. Il cibo, infatti, costituisce circa il 25% dell’impatto ambientale di ognuno di noi.

Ogni giorno compiamo libere scelte su cosa mangiare, come cucinare, cosa buttare, cosa ordinare al ristorante, cosa acquistare. E’ importante essere consapevoli delle proprie scelte, ma non è facile orientarsi tra allarmismi veri e falsi, false credenze, mala-informazione.

Come sempre ci vuole buon senso e non è necessario stravolgere la propria vita o cambiare radicalmente le proprie abitudini per acquisire una libertà reale di scelta.

Per avere il massimo beneficio e il minore impatto gli ingredienti che portiamo sulla nostra tavola dovrebbero rispondere a tutti questi requisiti:
-  provenire da agricoltura biologica o biodinamica (la stagionalità è sottintesa);
-  avere percorso meno strada possibile;
-  provenire direttamente dal produttore senza ulteriori passaggi di mano e possibilmente essere stati raccolti da poco;
-  essere stati lavorati meno possibile;
-  essere privi di imballaggio.

Ognuno di questi criteri (biologico, km zero, filiera corta, ecc.), se preso singolarmente, è discutibile. Ne parla ad esempio Dario Bressanini in Pane e Bugie (Chiarelettere, 2010). Se però si riescono a rispettare tutti i requisiti contemporaneamente si ha il massimo beneficio senza rischiare paradossi come la fragola biologica che viene dalla Nuova Zelanda.

Non tutti gli alimenti che consumeremo potranno soddisfare questi requisiti ma almeno per quelli che costituiscono la base della nostra alimentazione ci possiamo provare.

Dove trovare questi prodotti? Acquistando direttamente dai produttori, cosa non banale per chi vive lontano dalla campagna. Per questo, e dal desiderio di riappropriarsi del proprio potere d’acquisto, nella seconda metà degli anni ’90 sono nati i primi Gruppi di Acquisto Solidale. Ora sono circa 700 in Italia di cui 200 solo a Milano.

I GAS stanno crescendo e cominciano a farsi sentire anche politicamente e a esercitare il proprio potere anche a livello di politiche del territorio. Vedi ad esempio la “Lettera ai candidati sindaco del Comune di Milano” (sostenuta da Intergas e da diversi GAS molto attivi come il Gas Lola), o la “Lettera alla Provincia di Roma sugli interventi di sostegno”, la raccolta firme contro la privatizzazione dell’acqua.

Non si tratta quindi solo di un’alternativa al supermercato, ma di una scelta consapevole che può arricchire anche umanamente. Naturalmente bisogna dedicargli un po’ del nostro tempo, ma a beneficiarne saranno anche l’economia locale e il territorio. Con la possibilità di instaurare rapporti di fiducia con i produttori e avere accesso a prodotti di altissima qualità che non arrivano sugli scaffali dei supermercati perché le produzioni sono piccole e artigianali.

Per conoscere i GAS potete consultare il sito Retegas (Intergas per la Provincia di Milano e Gasroma per il Lazio) dove ci si può iscrivere e partecipare a incontri e acquisti.

* blog ecocucina.org

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