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lunedì 1 febbraio 2010

LA FATISCENTE RETE FERROVIARA DEL LAZIO


Roma ha la drammatica necessità, per non morire soffocata dal traffico delle auto private, di trasformare urgentemente la fatiscente e antiquata rete ferroviaria del Lazio in un sistema di mobilità regionale, efficiente, efficace, dotato delle più moderne tecnologie, in grado di diventare l'asse portante della mobilità sostenibile metropolitana di Roma e del Lazio nell'immediato futuro.

Ebbene, nonostante ciò le FS continuano a spendere ed impegnare per i prossimi decenni miliari di euro per realizzare l'Alta Velocità, l'Amministrazione Comunale pensa solo a realizzare un secondo raccordo anulare, decine di migliaia di pendolari ogni giorno continuano a soffrire le pene dell'inferno per venire a lavorare e studiare a Roma, le strade della capitale sono perennemente congestionate dalle auto di coloro che non trovano una valida alternativa nel sistema ferroviario urbano e suburbano per muoversi in città e nella sua provincia, come in tutte le altre capitali e grandi città europee.

Come mai tutto ciò? Una follia? NO, solo il frutto la lucida strategia delle Fs , come denunciato più volte da Associazioni e Comitati di cittadini e utenti, Associazioni ambientaliste, e come potete capire da questo articolo sul piano ferroviario 2007 - 2011, tratto dal prezioso sito http://eddyburg.it/article/articleview/14597/0/162/

Le stime riservate di Trenitalia sul traffico



Autore:Martini,Daniele da Il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2010

“Un passeggero perso ogni cinque: l’Alta velocità si mangia la rete regionale”. Cioè, regala ai ricchi, toglie ai poveri.

Circola semiclandestino come un samizdat in pochissimi uffici delle Ferrovie a Roma, un documento che è una bomba. Ha un titolo anodino: “Elementi di revisione del piano ferroviario 2007-2011”, ma il contenuto è clamoroso. In quelle pagine l’amministratore Fs, Mauro Moretti, mette implicitamente il bollo aziendale su ciò che molti avevano intuito alla luce delle prime settimane di esercizio dell’Alta velocità da Torino a Salerno. E cioè che la grande e importante opera ferroviaria costata la bellezza di 40 miliardi di euro non è, come era stato promesso e come ragionevolmente avrebbe potuto e dovuto essere, il primo passo di una nuova stagione dei treni all’insegna dell’ampliamento e del rafforzamento di tutti i servizi, dalla lunga percorrenza fino ai regionali.



È proprio l’esatto contrario: uno strumento formidabile che, quando funziona a dovere, facilita e rende più veloci le relazioni sull’asse Milano-Roma-Napoli, ma solo per 74 convogli al giorno e una fetta molto ristretta di clienti, assai inferiore all’1 per cento, e a discapito della maggioranza di viaggiatori. Il calo preventivato dal documento interno Fs riguarda tutta la rete, dai convogli regionali alle medie e lunghe percorrenze, dai collegamenti internazionali al trasporto merci.


LE CIFRE DEL CALO. Ecco le cifre dell’azienda. Trasporto regionale: riduzione dei passeggeri chilometro dai 28.615 milioni previsti originariamente a 23.410 nel 2011, cioè meno 22 per cento o, detto in altro modo, un passeggero ogni cinque dato per perso. I treni chilometro scendono dai 229 milioni precedenti a 193, 20 per cento in meno. I volumi del servizio universale si riducono del 13 per cento rispetto agli anni passati e del 15 per cento nei confronti delle previsioni contenute nella prima stesura del piano 2007-2011. Drastico arretramento anche per i convogli a media e lunga percorrenza: 23.332 milioni di passeggeri chilometro rispetto ai 25.241 del 2006 e ai quasi 29 mila del piano precedente. Per il traffico internazionale, poi, si prepara un vero e proprio tonfo: meno 40 per cento.



In assenza di una decisione formale del Parlamento, nell’indifferenza del governo e mentre la politica ha la testa da un’altra parte, sui binari si sta attuando un ribaltone, una specie di silenzioso colpo di mano ferroviario strisciante. Con l’Alta velocità in versione Moretti, insomma, diventa di giorno in giorno più concreto il rischio che le ferrovie si trasformino in una cosa diversa da ciò che furono e che fino a prova contraria dovrebbero continuare ad essere, possibilmente migliorando, considerato che sono di proprietà del Tesoro e sussidiate in larga misura dallo Stato, cioè dai contribuenticon le tasse. Somigliano sempre meno ad un’azienda con il compito di offrire a tutti e a prezzi ragionevoli un servizio sociale o universale sui 16 mila chilometri di binari. E sempre di più ad una società concentrata su poche tratte redditizie, a cominciare dalla più redditizia di tutte, l’Alta velocità Roma-Milano-Napoli. I clienti maltrattati, alcune associazioni di consumatori e qualche volta, ma non sempre, i sindacati cominciano a rendersi conto sulla loro pelle di ciò che sta succedendo e cercano di opporsi.



Le Fs a doppia andatura, alla ricerca di risultati sfavillanti e sprint su poche tratte, ma sempre più povere sul resto dei binari, non sono affatto lo sbocco inevitabile dell’Alta velocità, ma il punto d’arrivo di una scelta perseguita dall’attuale dirigenza dei treni. Al netto degli sprechi e delle costose opere di compensazione costruite per tacitare le opposizioni degli enti locali, l’Alta velocità in Italia è costata molto più che altrove perché progettata proprio come elemento di un sistema più ampio, a cominciare dalle pendenze dei tracciati appenninici studiate in modo che potessero essere percorse anche da convogli normali.



I primi a mettere le mani sul documento ferroviario riservato sono stati i redattori della Voce dei ferrovieri, mensile di categoria Cisl. Conferma il segretario, Giovanni Luciano: “Gli unici segni positivi di quel piano sembra siano quelli dei ricavi ottenuti con l’aumento dei servizi a mercato e delle tariffe e con la diminuzione dei costi operativi perseguita soprattutto con un taglio di 10.500 unità”. Lo sfoltimento degli organici ferroviari in realtà sta procedendo a ritmi serrati. Nel 2000 i dipendenti erano 109 mila, 4 anni dopo furono prepensionati o invitati ad uscire 4 mila persone; nel 2006 l’organico per la prima volta fu portato sotto la soglia delle 100 mila unità e il ritmo dei tagli è aumentato con l’arrivo di Moretti alla guida dell’azienda: nel 2007 discesa a 90 mila unità, l’anno successivo vengono espulsi di nuovo 5 mila ferrovieri e nel 2009 altri 4 mila. Ora sono 81 mila. Il fatto che il ridimensionamento sia stato attuato da Moretti, manager con un passato di comunista e dirigente dei ferrovieri Cgil, non ha favorito i rapporti con i sindacati. Per la verità i rappresentanti dei lavoratori all’inizio guardavano con un occhio di riguardo il nuovo capo dell’azienda, riconoscendogli se non altro una competenza in materia che altri amministratori prima di lui non avevano affatto.



STRATEGIE. Con il passare del tempo, però, i sindacati o almeno una parte di essi, hanno cominciato a temere che i tagli all’organico non siano solo una faccenda dolorosa, ma forse inevitabile, di risparmi e razionalizzazioni, ma il primo passo di un progetto di stravolgimento della natura dell’azienda. Attacca con estrema durezza il segretario dei ferrovieri Cisl: “Tagliare servizi, chiudere impianti, portare all’esterno il lavoro dei ferrovieri e ridurre la ferrovia alla piccola Alta velocità forse da quotare in Borsa per poi provare a combattere i francesi sul Milano-Parigi, forse potrà piacere a qualcuno. A noi no. Prima di Moretti, Giancarlo Cimoli è passato da un’operazione straordinaria all’altra e quando se n’è andato, abbiamo dovuto raccogliere le macerie. Non vorremmo succedesse di nuovo”.

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